NUTRIZIONE CLINICA

Steatosi Epatica : cause, prevenzione e dieta

Dott.ssa Valeria Gatto, Biologa Nutrizionista

TEMPO DI LETTURA : 4 MINUTI e 30 SECONDI

La steatosi epatica non alcolica (NAFLD, Non-Alcoholic Fatty Liver Disease) è una condizione patologica associata all’accumulo di lipidi nel fegato.


Attualmente circa il 10-35% della popolazione mondiale è affetto da questa patologia, la cui prevalenza è aumentata negli ultimi 10-15 anni soprattutto nei Paesi Occidentali.

L’osservazione delle modalità con le quali la patologia si sviluppa nei pazienti affetti, ha portato alla formulazione della cosiddetta “ TEORIA DEI DUE COLPI”. Secondo tale teoria la NAFLD si manifesta attraverso 2 fasi:


la fase iniziale (primo colpo) in cui si assiste ad una degenerazione grassa del fegato.

la seconda fase (secondo colpo), caratterizzata da stress ossidativo, disfunzione mitocondriale e rilascio di adipocitochine pro-infiammatorie che determinano la progressione da semplice steatosi alla più grave forma di steatoepatite, in grado di indurre FIBROSI e CIRROSI.

Soffermiamoci ora sulla prima fase.

La degenerazione grassa del fegato consiste, in altre parole, nell’accumulo di grassi e quindi di trigliceridi. I TRIGLICERIDI sono costituiti da uno scheletro di glicerolo al quale si legano 3 molecole di acidi grassi.

Gli acidi grassi presenti nel fegato possono essere di:

  • Origine esogena, ossia quelli introdotti con la dieta
  • Origine endogena, ossia quelli sintetizzati ex novo, o quelli derivanti dalla LIPOLISI che avviene a livello del tessuto adiposo.

    Gli acidi grassi epatici residenti possono andare incontro a diversi destini:

    • Possono essere indirizzati verso il loro PRINCIPALE destino che è quello CATABOLICO, e dunque andare incontro ad OSSIDAZIONE. L’ossidazione produce NADH che viene utilizzato per ricavare energia dalla fosforilazione ossidativa e molecole di Acetil-CoA che vengono poi catabolizzate nel ciclo di Krebs per ottenere CO2, acqua e ATP. Gli acidi grassi rappresentano il combustibile principale del fegato, in quanto il glucosio presente nel fegato viene utilizzato principalmente per rifornire gli altri tessuti e mantenere costante la glicemia (FUNZIONE GLUCOSTATICA) e gli amminoacidi presenti nel fegato vengono utilizzati principalmente per scopi biosintetici, anabolici.

    Una quota di acidi grassi passa nel sangue sottoforma di acidi grassi liberi (FFA) che però per essere veicolati si legano all’albumina plasmatica.

    • Possono essere utilizzati nella sintesi di TRIGLICERIDI (principalmente) ma anche di FOSFOLIPIDI, e in parte di COLESTEROLO ESTERE.

    A questo punto i trigliceridi, fosfolipidi e colesterolo estere possono andare incontro a 2 destini:

    – Possono essere immessi nelle lipoproteine di origine epatica (VLDL) che li distribuiscono a livello dei tessuti e principalmente a livello del tessuto adiposo, dove si accumulano determinando SOVRAPPESO e OBESITA’.

    – Possono accumularsi nel fegato stesso, determinando l’insorgenza della STEATOSI EPATICA.

    Questo accumulo di grasso sostanzialmente si verifica quando il TASSO di sintesi di acidi grassi e di LIPOGENESI( sintesi di trigliceridi) è maggiore rispetto al TASSO DI OSSIDAZIONE degli acidi grassi ed ESPORTAZIONE dei trigliceridi.

LA DIETA ha un ruolo fondamentale nella genesi di tale accumulo. Infatti lo sviluppo della steatosi epatica è favorito da uno stato di IPERALIMENTAZIONE non soltanto IPERLIPIDICA ma anche IPERGLICIDICA e IPERPROTEICA.

Lo stato di iperalimentazione (che sia iperglicidica, iperproteica o iperlipidica) è caratterizzato dall’introduzione di un numero di kcalorie superiori rispetto al fabbisogno energetico: ciò determina una ELEVATA CARICA ENERGETICA (quindi ELEVATE CONCENTRAZIONI DI NADH, derivanti dal processo di β-ossidazione, ED ELEVATE CONCENTRAZIONI DI ATP, derivanti dal processo di fosforilazione ossidativa).

  • –  Le elevate concentrazioni di NADH agiscono mediante un meccanismo a feedback negativo, bloccando l’ulteriore ossidazione degli acidi grassi.
  • –  Le elevate concentrazioni di ATP determinano invece il blocco del CICLO DI KREBS e dunque l’accumulo di ACETIL-CoA, derivante dal catabolismo di carboidrati e amminoacidi.

    Il destino metabolico dell’Acetil-coA è generalmente quello di condensare con l’Ossalacetato per formare il citrato. Tuttavia, a causa del blocco del ciclo di Krebs, il citrato viene esportato nel citosol mediante il CARRIER DEL CITRATO (CIC) e qui viene poi utilizzato nella SINTESI DI ACIDI GRASSI che a loro volta vengono poi esterificati, portando alla formazione di TRIGLICERIDI, che accumulandosi nel fegato determinano la STEATOSI.

    PREVENZIONE DELLA STEATOSI EPATICA MEDIANTE ACIDI GRASSI ALIMENTARI

    E’ possibile modulare il metabolismo lipidico e in particolare la lipogenesi epatica, prevenendo l’insorgenza di patologie quali la STEATOSI, intervenendo sull’alimentazione.

    Recentemente, numerosi studi condotti su modelli animali hanno messo in evidenza il ruolo svolto da alcuni acidi grassi alimentari nella modulazione della lipogenesi epatica.

    SFA (acidi grassi saturi) e MUFA (acidi grassi monoinsaturi) non hanno alcuna influenza sulla via biosintetica degli acidi grassi.
    Invece i
    PUFA (acidi grassi polinsaturi) della serie ω-3 e ω-6, sembrano avere un ruolo benefico nella prevenzione della steatosi in quanto riducono fortemente l’espressione e l’attività degli enzimi coinvolti nella lipogenesi.

    Fino a qualche tempo fa la principale fonte di OMEGA-3 è stata l’OLIO DI PESCE, ricco in EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico)
    Recentemente è stato introdotto però sul mercato nazionale ed internazionale un nuovo integratore alimentare, fonte di OMEGA-3, l’
    OLIO DI KRILL.

    Si tratta di un olio estratto da invertebrati marini appartenenti alla specie Euphasia superba. I krill compongono lo zooplancton antartico e costituiscono il cibo primario di balene, mante, pesce azzurro e uccelli acquatici. Sono presenti in tutti gli oceani del mondo ma soprattutto nelle acque fredde e polari.

    L’olio di krill è un olio rosso scuro e molto viscoso. Contiene, come l’olio di pesce, PUFA della serie omega-3, quali EPA e DHA.

    Tuttavia risulta essere più efficiente dell’olio di pesce perchè:


    riduce molto di più i livelli di trigliceridi e colesterolo
    riduce molto di più la sintesi di lipidi.

    Questa maggiore efficacia dell’olio di krill rispetto all’olio di pesce sembra essere dovuta sostanzialmente a due motivi:


    gli acidi grassi presenti nell’olio di pesce sono forniti in forma di trigliceridi, mentre quelli presenti nell’olio di krill in forma di fosfolipidi e ciò li rende maggiormente disponibili

    l’olio di krill è ricco di sostanze anti-ossidanti.

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